"Maree, il mediterraneo che unisce e divide": il percorso artistico e personale dell'artista Mariuccia Roccotelli tra opere e parole
Pubblicato da Maria Sibilio in Monte del Carmelo n66 · Lunedì 09 Set 2024
Dal 21 luglio al 10 agosto, si è tenuta presso l’ Arciconfraternita del Carmine, la mostra “MareE, il Mediterraneo che unisce e divide”, dell’artista
Mariuccia Roccotelli, in cui l’autrice attraverso le moltissime opere esposte, racconta della propria esperienza di vita ma anche dell’esperienza di uomini e donne che nel mare hanno trovato la salvezza o la morte,
attraverso le alterne vicende di un destino che sceglie secondo un disegno imperscrutabile ed inintelligibile. Il tutto raccontato attraverso un tratto energico che lo spettatore percepisce palpitante, vivo, attraverso le
infinite gradazioni di azzurro e verde, dei rossi e degli arancio che raccontano il dolore, la violenza, la sofferenza in un’arte intensissima che sperimenta, mescola materiali e colori, lasciando il visitatore incantato,
a volte commosso ma mai indifferente. L’Associazione Culturale “Città Viva”, che ha patrocinato la mostra, ha intervistato la nota pittrice residente a Milano, che da anni è legata ad Ostuni
ed ai suoi abitanti da un legame di profondo affetto.
Qual’ è il percorso che ti ha condotto alla realizzazione di MareE?
«Per quanto mi riguarda tutto nasce dall'azzurro, dipingo quasi sempre senza una idea chiara, sembra assurdo ma la casualità diventa pian
piano studiata, poi meditata nel mio fare, i materiali e i colori mi guidano nel percorso fino a giungere ad un risultato che non è mai concluso definitivamente. Per l'esposizione ad Ostuni, meravigliosa nella pietra
bianca e nel mare nostro che l'accerchia, ho scelto una decina di grandi tele d'acqua, che raccontano ognuna una diversa storia di mare e molte altre che raccontano le profondità, i respiri vitali dell'anima,
la donna, la nascita e la ri-nascita. Il colore non mi basta, forse, avendo una formazione da scenografa, uscire dalla tela, dalla bidimensionalità mi è familiare. Invadere lo spazio per poi tornare. Le maree
crescono, occupano territori, li liberano lasciando tracce della loro potenza e presenza, trascinano l'aria che respiriamo, creano vortici. Così vorrei che fosse stata percepita questa mostra».
Quali le riflessioni e la ricerca interiore che si celano dietro queste opere?
«Ogni tela è un racconto, probabilmente autobiografico, più o meno esplicito, nasce da un bisogno
personale, intimo, ma diventa presto una storia che accomuna chi la guarda. Nelle opere sull'acqua si incontra il mito greco: Medusa, Aura, Calipso, Alimede, Poseidone... sirene e divinità delle profondità
marine, e poi la Dea migrante, sospesa su una tela di sacco africano, sulla quale giace sognante forse in attesa di raggiungere nuovi lidi, riceve luce bianca attraverso l'acqua azzurra di un mare ricco di pesci. La donna
contemporanea è poi chiusa in se stessa, diventa paesaggio come in Prendo fiato o Apnea: qui la figura femminile è territorio, la linea curva del suo corpo diventa collina e domina architetture fitte e piccoli
paesi disabitati, potrebbe essere madre terra o vivere Underwater, come nella serie di opere Col fiato sospeso oppure è immersa nel liquido amniotico, pronta alla sua Ri-nascita, un grande cerchio azzurro intenso, incontra
l'amore in Genesi e bacia suo figlio nell'opera Dalle radici al germoglio. Qui predominano i colori caldi, il rosso e la juta naturale... viaggia come in Alone, in Thai e Congo Chama... ma sente e sentirà sempre
Piccole distanze, fuori e dentro di sé… La ricerca è un viaggio della mente».
Testo didascalia: DEA Migrante, mito contemporaneo, una donna che arriva da terra Eritrea, da Massawa - diametro 145 cm - juta, acrilico, collage