La Settimana Sociale 2024 di Trieste
Pubblicato da Michele Sgura in Articoli 2024 · Lunedì 04 Nov 2024 · 8:45
Cosa sono le Settimane sociali dei cattolici italiani? Le Settimane sociali dei cattolici in Italia sono momenti di studio e di confronto promossi periodicamente dalla Chiesa cattolica italiana per affrontare le principali
questioni di carattere sociale e politico che interessano il nostro Paese. Le giornate sono organizzate in lezioni e discussioni in cui si confrontano i delegati (laici e religiosi) provenienti da tutta Italia. La prima edizione
si è svolta a Pistoia nel 1907 su iniziativa del beato Giuseppe Toniolo.
Dopo la settimana sociale di Taranto del 2021, che ha affrontato principalmente le grandi questioni ambientali del nostro tempo e il rapporto ambiente-lavoro, il comitato promotore,
presieduto da un pugliese, Mons. Renna, vescovo di Catania ma originario della diocesi di Andria, ha voluto affrontare il tema “Al cuore della democrazia”.
Perché questo tema? Secondo i vescovi, che hanno scelto il tema, «il futuro dell’Italia, in relazione anche allo scenario globale e alle sfide che ne conseguono,
richiede persone che si mettano in gioco e collaborino per rigenerare gli spazi di vita, anche i più marginali e affaticati, rinforzando la capacità di scegliere democraticamente e di vivere il potere come un
servizio da condividere. È fondamentale cioè un impegno comune, che coinvolga tutti i cattolici, compresi quelli che abitano in Italia pur provenendo da diversi luoghi del mondo». Proprio per questo, i
vescovi hanno approvato una modifica nella denominazione: non più “Settimana sociale dei cattolici italiani”, ma “Settimana sociale dei cattolici in Italia”. Nel documento preparatorio, il comitato preparatore sottolinea “Prima ancora di essere una forma di governo la Democrazia
è la forma di un desiderio profondamente umano”. Andare al cuore della democrazia allora significa andare al cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo. La Settimana Sociale inoltre è stata pensata
più che come un evento come un processo che vuole favorire la partecipazione e il coinvolgimento di tutti, nel rispetto dei tempi, degli ambiti e degli stili di ciascuno. La Settimana Sociale di Trieste in particolare
ha visto il coinvolgimento di circa 1500 delegati da tutta Italia, rappresentativi di Diocesi, territori, Aggregazioni laicali e Famiglie religiose.
La scelta della sede che ha ospitato l’appuntamento è caduta non a caso su Trieste, città di frontiera per la presenza di molteplici culture, etnie e confessioni
religiose, per i luoghi simbolici che hanno segnato il travagliato percorso del Paese verso la libertà, l’unità e la democrazia.
In un momento in cui dobbiamo purtroppo riconoscere la crisi della democrazia in larga parte del mondo, dall’affermazione di regimi autocratici, di forze che strizzano l’occhio
alle ideologie nazifasciste, anche in paesi in cui la democrazia sembrava essere un dato ormai acquisito, a episodi antidemocratici (come ad esempio l’assalto al Congresso) negli Stati Uniti, al dilagare dei populismi,
ai tanti focolai di guerra, non ultimo alla crescente disaffezione di larga parte dell’elettorato in tutto il nostro Continente, il comitato promotore ha pensato giustamente di concentrare l’attenzione sullo stato
delle democrazia del nostro Paese, affinché l’impegno dei cattolici contribuisca a rinvigorirne lo spirito di fronte alle criticità del nostro tempo.
Tanti sono infatti le sfide che il nostro il Paese è chiamato ad affrontare, tra cui la promozione e la difesa di un lavoro degno, la riduzione delle diseguaglianze, la custodia
dell’ambiente, la partecipazione alla vita pubblica, pace, diritti civili, migrazioni e il diritto ad una vita libera e dignitosa, l’ecologia integrale, un’economia che metta al centro l’uomo e la natura.
Su ognuna di queste questioni ci sono state relazioni di esperti a cui sono seguiti i gruppi di lavoro che hanno coinvolto tutti i delegati, secondo i modelli che abbiamo imparato a sperimentare nei tavoli sinodali. In parallelo
ai lavori dei delegati, per le vie di Trieste diverse associazioni, gruppi, scuole, istituzioni, imprese, pubbliche amministrazioni hanno avuto modo di presentare le “buone pratiche”, ovvero tante piccole o grandi
iniziative, che già oggi rappresentano i frutti dell’impegno sociale e civile dei cattolici in tutto il Paese e che costituiscono uno straordinario strumento di consolidamento dei legami sociali e di valorizzazione
delle persone. Rappresentano inoltre un segno concreto e vivo della democrazia.
L’importanza dell’evento è stata sottolineata anche dalla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella, nella cerimonia di apertura, e di Papa Francesco,
che ha chiuso i lavori e presieduto la S. Messa nell’ultimo giorno dei lavori. Il presidente Mattarella nel suo discorso oltre a ribadire il prezioso valore della democrazia, contro cui ancora oggi si scagliano i regimi
illiberali, ha più volte sottolineato come essa vada intesa, prima ancora che come un governo del popolo, come un “governo per il popolo”, come indicato dal vescovo di Bergamo nella Settimana sociale del
‘45. Occorre quindi che i processi partecipativi democratici coinvolgano quanto più possibile tutta la popolazione. Di fronte all’evidente scollamento fra cittadini e vita democratica il presidente ha ribadito:
“la democrazia si invera ogni giorno nella vita delle persone e nel mutuo rispetto delle relazioni sociali, in condizioni storiche mutevoli, senza che questo possa indurre ad atteggiamenti remissivi circa la sua qualità. Si può pensare di contentarsi che una democrazia sia imperfetta? Di contentarsi di una democrazia a “bassa intensità”? Si può pensare di arrendersi, “pragmaticamente”,
al crescere di un assenteismo dei cittadini dai temi della “cosa pubblica”? Può esistere una democrazia senza il consistente esercizio del ruolo degli elettori? Per porre mente alla defezione, diserzione, rinuncia intervenuta da parte dei cittadini in recenti tornate elettorali…”
In un ultimo passaggio del suo lungo discorso, il presidente Mattarella ricorda la figura di don Lorenzo Milani, che “esortava a dare la parola, perché solo la lingua fa eguali. La Repubblica ha saputo percorrere molta strada, ma il compito di far sì che tutti prendano parte alla vita della sua società e delle sue istituzioni non si esaurisce mai. Ogni generazione, ogni
epoca, è attesa alla prova della “alfabetizzazione”, dell'inveramento della vita della democrazia. Prova, oggi, più complessa che mai, nella società tecnologica contemporanea. Occorre pertanto “battersi affinché non vi possano essere analfabeti di democrazia. È una causa primaria, nobile, che ci riguarda tutti. Non soltanto chi riveste responsabilità o eserciti potere. Per definizione, democrazia è esercizio dal basso, legato alla vita di comunità, perché democrazia è camminare insieme”.
Anche il Papa nel suo discorso ha sottolineato che “È evidente che nel mondo di oggi la democrazia non gode di buona salute. Questo ci
interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e niente di ciò che è umano può esserci estraneo.” Da qui l’appello ad una assunzione di responsabilità per “costruire qualcosa di buono nel nostro tempo”, dando “attenzione alla gente che resta fuori o ai margini dei processi”.
La crisi della democrazia è vista dal Papa come un cuore ferito. "Se la corruzione e l’illegalità mostrano un cuore 'infartuato' - afferma Francesco - devono preoccupare anche le
diverse forme di esclusione sociale".
“Ogni volta che qualcuno è emarginato, tutto il corpo sociale soffre. La cultura dello scarto disegna una città dove non c’è
posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani, i vecchi. Questa è la cultura dello scarto. Il potere diventa autoreferenziale, - è una malattia brutta questa -
incapace di ascolto e di servizio alle persone”.
I cattolici, sottolinea Francesco, non devono accontentarsi di "una fede marginale o privata", hanno qualcosa da dire, “non per difendere i privilegi”,
ma perché devono essere “voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce”, agendo senza la pretesa di essere ascoltati ma avendo “il coraggio di fare
proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico”. “Questo – afferma il Papa - è l’amore politico, che non si accontenta di curare gli effetti ma cerca di affrontare le cause”. Un
po’ il Samaritano del giorno prima di don Tonino Bello.
In linea poi con il tema dato al prossimo Giubileo il Papa ha sottolineato l’importanza di irrobustire la politica con un orizzonte di speranza
perché solo così si costruisce il futuro. Senza speranza, saremmo amministratori, equilibristi del presente e non profeti e costruttori del futuro.
La Settimana di Trieste non è stata solo il tempo di lucide e sincere analisi dello stato della democrazia e delle questioni sociali più cocenti. Oltre alla presa
di coscienza vi sono state sicuramente numerose occasioni di confronto e scambio di idee, progettualità,… Ma soprattutto è stata un appello, non a “riempire i luoghi” ma a non far mancare alla
democrazia italiana il prezioso contributo profetico che lo Spirito infonde ad ogni battezzato. Il cattolicesimo italiano, pur lungi dall’essere maggioritario come un tempo, può e deve ancora oggi offrire il suo
contributo al Paese, con le sue idee, i suoi valori, e perché no, anche con i suoi metodi (ad esempio l’approccio sinodale che valorizza il confronto e l’ascolto) alternativi a una dialettica politica basata
sullo scontro e sulla denigrazione delle controparti.
Tutto questo i delegati hanno riportato nelle loro diocesi al rientro. La Settimana sociale infatti non è una celebrazione circoscritta ad alcuni giorni, ma è un processo
che si è avviato e che avrà un seguito nelle varie diocesi. A tal proposito anche nella nostra si avvierà nel prossimo mese di novembre un percorso che coinvolgerà parrocchie, vicarie e tutto il
territorio diocesano di approfondimento della dottrina sociale della Chiesa. Tale percorso vedrà come relatori proprio alcuni componenti del comitato scientifico delle Settimane Sociali. Su questo fornirò non
appena disponibili maggiori dettagli alla prof.ssa Legrottaglie. Grazie